Nella tragedia dell'11 settembre non c'è solo l'attacco alle Twin Towers
Il Pentagono: la più munita difesa del mondo era indifesa?
E' stata frettolosamente cancellata una indagine di Thierry Meyssan che, se resta discutibile in alcune conclusioni personali dell'autore, è inoppugnabile nei documenti letteralmente riferiti e scrupolosamente estratti dalle inchieste svolte sul fatto più inspiegabile: come sia stato possibile abbattere un gigante dell'aria sul quartier generale del più potente apparato miliare del mondo - Non solo Meyssen, ma anche il presidente dell'Egitto Mubarak espresse tutte le sue perplessità
L'11 settembre 2004 si immerge nella tragedia dell'umanità, ormai totalmente coinvolta nella strisciante terza guerra mondiale, anche più infame perché dietro l'acclamato scontro tra civiltà che trova la sua esegesi nella propaganda delle maggiori potenze del mondo ( in una inammissibile contraddizione di concetti: come potrebbero le civiltà essere tanto incivili?) si cela lo scontro tra mondo ricco e povero, l'uno alla conquista di altri privilegi, l'altro che ha deciso di opporsi militarmente alla condizione di sfruttamento indiscriminato.
In queste ore, il richiamo alla nostra responsabilità e al dovere di ragionare è assolutamente necessario. É dall'11 settembre e dalle sue povere vittime che comincia ufficialmente la terza guerra mondiale, quella che gli USA definiscono la guerra contro gli stati canaglia. Un film che sta riscuotendo enorme successo anche a Cremona, Farheneith 11/9 di Michael Moore, rivela drammaticamente come questo 11 settembre non ha voluto essere evitato e come la tragedia sia stata utilizzata per sostenere un progetto di dominio della plutocrazia internazionale e americana in particolare.
Possiamo aggiungere che questa mira ha ben più lontane radici, storicamente nella accademia militare di West Point (Gordon Poole: “NAZIONE GUERRIERA”, Colonnese editore, 2001), e strategicamente, come testimoniano i documenti portati alla luce da Domenico Gallo, nell'Airland Battle del 1981 adottato in parte dalla Nato nel 1984 e nelle motivazioni per la guerra all'Iraq sostenute da Paul Wolfwitz e Riachard Perle sin dal 1992, entrambi nel governo Bush e rimasti sempre delle stesse idee come testimonia la lettera aperta pubblicata nel 1998 nella quale si chiedeva che fosse rovesciato Saddam Hussein e si predicava il bombardamento della Jugoslavia ben prima della decisione di attuarlo dell'amministrazione Clintton. C'è stata dunque una formidabile preparazione alla terza guerra mondiale che va sotto il nome di lotta terrorismo, come continua a testimoniare il regista Michael Moore che documenta lo sfruttamente della tragedia dell'11 settembre per dare il via a un proposito lungamente cullato.
In proposito, come testimonianza del giorno, “IL VASCELLO ” recupera dal testo del giornalista francese Thierry Meyssan una incredibile documentazione: cosa e successo l’11 settembre al Pentagono? E, come sostiene anche Moore, perché il governo USA non ha fatto di tutto per evitare la tragedia? Non è un mistero da poco sostenuto da alcune eccezionali fotografie e da alcune dichiarazioni che lasciano perplessi, come quella espressa da presidente egiziano Mubarak. La ricostruzione è il nostro contributo a una obiettiva valutazione dei fatti che permette meglio di inquadrare le difficoltà ed i potenti interessi che si intrecciano nella attuale situazione internazionale. All'odio si deve oppore una difficile risposta: il riequilibrio delle risorse e della ricchezza contro gli egoismi e le speculazioni criminali da qualsiasi parte intervengano, siano governi o singoli individui. Ma chi di noi e tanto meno quali multizionali, quanti governi vogliono mettere in discussione i propri privilegi immorali?
La ricostruzione del mistero del Pentagono
di Thierry Meyssan (con alcune interpolazioni de “Il Vascello”)
Washington: 11 settembre 2001. Poco prima delle 10, ora locale, il dipartimento della Difesa diffonde un breve comunicato: “Il dipartimento della Difesa continua a reagire all'attacco subito stamattina alle 9,38. Nessuna cifra riguardante il numero delle vittime è attua!mente disponibile. I membri del personale feriti sono stati portati negli ospedali più vicini. Il segretario alla Difesa Donald S. Rumsfeld ha espresso la sua partecipazione alle famiglie delle vittime uccise e ferite durante questo vergognoso attacco; inoltre, garantisce la direzione delle operazioni dal centro di comando del Pentagono. L'intero personale è stato evacuato dall'edificio, mentre i servizi d'emergenza del dipartimento della Difesa e delle località vicine si occupavano dell'incendio e dei soccorsi. La prima stima dei danni è enorme; tuttavia il Pentagono dovrebbe riaprire domattina. Si stanno individuando uffici sostitutivi per i locali sinistrati dell'edificio”.
Arrivata per prima sul luogo, l'agenzia Reuters annuncia che il Pentagono è stato colpito dall'esplosione di un elicottero. Qualche minuto dopo il dipartimento della Difesa corregge l'informazione: si trattava un aereo. Nuove testimonianze contraddicono le prime due e confermavano la versione delle autorità: Fred Hey, assistente parlamentare del senatore Bob Ney, ha visto cadere un Boeing mentre guidava sull'autostrada adiacente il Pentagono. Il senatore Mark Kirk stava uscendo dal parcheggio del Pentagono dopo aver fatto colazione col segretario alla Difesa, quando un grosso aereo si è schiantato. II segretario in persona, Donald Rumsfeld, esce dal suo ufficio e si precipita sul luogo per soccorrere le vittime.
Intervengono i pompieri della contea di Arlington. Quattro squadre della FEMA (Federal Emergency Management Agency), l'agenzia federale d'intervento in caso di catastrofe, li raggiungono, come pure il corpo speciale dei pompieri dell'aeroporto Reagan. Verso le 10,10 l'area del Pentagono che è stata colpita crolla.
La stampa è tenuta lontana dal luogo della tragedia per non intralciare i soccorsi e si deve accontentare di fumare i primi body bags (sacchi per i cadaveri) mentre vengono allineati in silenzio in un ospedale da campo. Ma l'Associated Press riesce a recuperare alcune fotografie dell'arrivo dei pompieri scattate dall'inquilino di un palazzo accanto.
Nella confusione, ci vorranno diverse ore prima che il capo di stato maggiore interforze, generale Richard Myers, dichiari che “l'aereo suicida” era il Boeing 757-200, del volo 77 American Airlines, in rotta da Dulles a Los Angeles, del quale la torre di controllo aveva perso le tracce sin dalle 8,55. Nell'incalzare della situazione, le agenzie di stampa fanno aumentare la tensione parlando di ottocento morti. Una cifra fantasiosa che il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, si guarderà bene dallo smentire nel corso della sua conferenza stampa del giorno dopo, anche se il bilancio esatto, fortunatamente quattro volte inferiore, è già noto con esattezza'.
Per il mondo intero, dopo gli attentati contro il World Trade Center, è un ulteriore shock: l'esercito più potente del mondo non è stato capace di proteggere la propria sede e ha subito pesanti perdite. Gli Stati Uniti, che credevamo invincibili, sono vulnerabili persino sul loro stesso territorio.
A prima vista i fatti sono indiscutibili. E tuttavia, appena si entra nei dettagli, le spiegazioni ufficiali diventano timide e contraddittorie.
I controllori dell'aviazione civile (Federal Aviation Administration - FAA) hanno spiegato ai giornalisti del Christian Science Monitor' che, verso le 8,55, il Boeing era sceso a circa 9.000 metri e non aveva più risposto alle chiamate. Il silenzio del trasponder aveva fatto pensare a un guasto elettrico; poi il pilota, che continuava a non rispondere, era riuscito a far funzionare la radio seppure a intermittenza, permettendo di sentire una voce dal forte accento arabo che lo minacciava. L'aereo allora aveva virato in direzione di Washington, dopodiché se n'erano perse le tracce.
Conformi alle procedure in vigore, le torri di controllo locali avevano notificato il dirottamento alla sede della FAA. La maggior parte dei responsabili nazionali erano partiti per un congresso di categoria in Canada. Nel panico di questa giornata i responsabili di turno alla sede della FAA credettero di ricevere l'ennesima notifica riguardo l'aereo dirottato su New York. Solo mezz'ora dopo capirono che si trattava di un terzo dirottamento e quindi informarono l'autorità militare. Questo malinteso aveva fatto perdere ventinove preziosi minuti.
Interrogato ii 13 settembre dalla commissione senatoriale delle Forze Armate, il capo di stato maggiore interforze, generale Richard Myers, fu incapace di riferire le misure prese per intercettare il Boeing. Da questo scambio vivace con la più alta autorità militare i parlamentari dedussero che non fu avviata alcuna azione di intercettazione . Ma è possibile credere che l'esercito degli Stati Uniti sia rimasto passivo di fronte a questi attentati?
Per contrastare l'effetto disastroso dell'audizione, il NORAD (North American Aerospace Defense Command), il 14 settembre, pubblicò un comunicato' nel quale, colmando le lacune del generale Richard Myers, dichiarò di essere stato informato del dirottamento soltanto alle 9,24 e assicurò di aver immediatamente ordinato a due caccia F-16 della base di Langley (Virginia) di intercettare il Boeing. Ma l'Air Force, non sapendo dove si trovasse, avrebbe creduto stesse per commettere un nuovo attentato a New York e avrebbe perciò rimandato i caccia verso nord. Un aereo da trasporto militare, decollato dalla base presidenziale di Saint Andrew, avrebbe incrociato il Boeing per caso e lo avrebbe identificato. Troppo tardi.
La versione del NORAD non sembra molto più attendibile di quella del capo di stato maggiore interforze. Come si può credere che il sistema radar militare statunitense sia incapace di localizzare un Boeing in un raggio di qualche decina di chilometri (...) ?
Supposto che il Boeing abbia superato questo primo ostacolo, avrebbe dovuto essere abbattuto in prossimità del Pentagono. Il dispositivo di sicurezza che protegge il dipartimento della Difesa è ovviamente un segreto militare così come quello della vicina Casa Bianca. Tutto al più si sa che è stato completamente riprogettato dopo una serie di incidenti avvenuti nel 1994, tra l'altro l'atterraggio di un piccolo aereo, un Cesna 150L, sul prato della Casa Bianca. Sappiamo anche che questo dispositivo antiaereo è controllato dalla base presidenziale di Saint Andrew'. Due squadriglie da combattimento vi stazionano in permanenza: la 113 Fighter Wing dell'Air Force e la Fighter Attack della Marina. Rispettivamente equipaggiate di F16 e F/A18, non avrebbero mai dovuto lasciare che il Boeing si avvicinasse.
Ma, come disse il tenente colonnello Vic Warzinski, portavoce del Pentagono: “Non ci eravamo resi conto che quest'aereo si dirigeva verso di noi, e dubito che prima di martedì [11 settembre] qualcuno avrebbe potuto prevedere una cosa del genere”.
Così, avendo seminato i suoi inseguitori e superato senza incidenti la più sofisticata difesa antiaerea del mondo, il Boeing terminò il suo volo sul Pentagono.
Un Boeing 7572O012 è un aereo in grado di trasportare duecentotrentanove passeggeri. È lungo 47,32 metri e largo 38,05. Carico, questo gigante pesa 115 tonnellate e raggiunge una velocità media di 900 km orari.
Quanto al Pentagono”, si tratta del più grande edificio amministrativo del mondo dove ogni giorno lavorano ventitremila persone. Prende il nome dalla pianta originale: cinque anelli concentrici di cinque lati ognuno. Costruito non lontano dalla Casa Bianca, ma sull'altra riva del Potomac, non si trova esattamente a Washington, ma ad Arlington, nel confinante stato della Virginia.
Per provocare i danni più significativi il Boeing avrebbe dovuto precipitare sul tetto del Pentagono. Sarebbe stata la soluzione più semplice: la superficie dell'edificio è di circa 117.000 metri quadrati. Al contrario, i terroristi hanno scelto di colpire una facciata, nonostante sia alta solo 24 metri. L'aereo si è improvvisamente avvicinato al suolo come per atterrare; pur rimanendo orizzontale è sceso quasi in verticale senza -danneggiare, né urtandoli né con lo spostamento d'àla, i pali delle luci dell'autostrada che costeggia il parcheggio del Pentagono.
(Qui Thierry Meyssan produce alcune personali considerazioni che però non sono risultate del tutto condivisibili... Procediamo quindi con i fatti accertati - nota de “IL VASCELLO”).
Lo schianto è stato avvertito in tutto il Pentagono. Il carburante dell'aereo, contenuto nelle ali dell'apparecchio, ha preso fuoco e l'incendio si è diffuso nell'edificio. Centoventicinque persone, alle quali bisogna aggiungere i sessantaquattro passeggeri del Boeing, vi hanno trovato la morte.
Il caso (?) ha voluto che fosse colpita una zona del Pentagono in ristrutturazione, dove stava per essere terminato l'allestimento del nuovo centro di comando della Marina`. Alcuni uffici erano vuoti, altri erano occupati solo da civili incaricati dei lavori, il che spiega perché le vittime fossero in maggioranza personale civile e come mai si sia trovato un solo generale tra le vittime militari (...) Durante la conferenza stampa del 12 settembre`, il capitano dei pompieri della contea di Arlington, Ed Plaugher, ha precisato che i suoi uomini erano occupati a impedire il diffondersi dell'incendio nel resto del Pentagono, ma che erano stati tenuti lontani dal luogo preciso dell'impatto. Solo le squadre speciali (Urban Search and Rescue) della FEMA sono intervenute nei pressi dell'aereo.
Allora è avvenuto questo dialogo surreale: Un giornalista: “Cosa rimane dell'aereo?”.
Plaugher: “Innanzitutto, per quanto riguarda l'aereo, qualche frammento del Boeing si poteva vedere dall'interno dell'edificio durante le operazioni di difesa contro le fiamme di cui parlavo, ma non si trattava di parti consistenti. In altre parole non ci sono pezzi della fusoliera, né niente del genere”.
(...) Il giornalista: “Comandante, ci sono piccoli pezzi dell'apparecchio sparsi ovunque, fin sull'autostrada - frammenti minuscoli. Secondo lei il Boeing è esploso, letteralmente esploso, al momento dell'impatto per via del carburante oppure...”.
Plaugher: “Sa, preferirei non esprimermi in proposito. Molti testimoni oculari possono dirle quello che è successo all'aereo nella fase di avvicinamento. Perciò non sappiamo. Io non lo so”.
Un giornalista: “Dov'è il carburante dell'aereo?...”.
Plaugher: “Si vede quella che potremmo definire una pozza proprio nel punto in cui noi pensiamo possa essersi schiantato il muso dell'aereo” .
(A questo punto, Thierry Myssan dà una sua versione dei fatti e sostiene addirittura che nessun aereo potrebbe essersi schiantato contro il Pentagono, affermando che non se ne sono rinvenuti i resti. In realtà, il calore sprigionato dal carburante fu fortissimo, esistono foto dei resti della fusoliera, così come dell'ombra lasciata dalle ali ai lati del punto dell'impatto. E ancora, il prato davanti al Pentagono venne coperto di sabbia per permettere ai mezzi pesanti di partecipare ai lavori di soccorso. Tutto ciò impedirebbe, nelle foto a lato, di scorgere altri rottami,a minor sostegno della tesi di Meyssen. Ma la documentazione di Thierry Meyssan resta acuta per altre osservazioni e documenti che invece sono ufficiali, estratti dagli atti dell'inchiesa e sottoscritti - Nota de “Il Vascello”).
Chiediamoci intanto cosa la versione ufficiale cerca di nascondere. Interrogato dalla CNN il giorno dopo l'attentato, il generale Wesley Clark, ex comandante supremo delle forze della NATO durante la guerra del Kosovo dichiarava: “Eravamo al corrente da qualche tempo che alcuni gruppi progettavano un attacco contro il Pentagono, evidentemente non ne sapevamo abbastanza [per agire]”. Questa affermazione enigmatica non si riferisce però a un aggressore straniero, ma ad alcune minacce contro il Pentagono provenienti da milizie di estrema destra, e lascia intravedere le rivalità segrete che lacerano la classe dirigente statunitense.
La CNN ha intervistato Hosni Mubarak, il 15 settembre”. A quell'epoca il Presidente egiziano non possedeva le nostre stesse informazioni. Ignorava quello che un'analisi più accurata dell'attentato ci insegna. Aveva, invece, informazioni confidenziali sulla preparazione dell'attentato e le aveva trasmesse alcune settimane prima al governo americano.
Presidente Hosni Mubarak: “"Nessun servizio segreto del mondo avrebbe potuto dire che sarebbero stati utilizzati voli di linea, con passeggeri, per schiantarsi sulle torri e sul Pentagono. Chi l'ha fatto deve aver sorvolato a lungo quell'area, per esempio. Il Pentagono non è molto alto. Per lanciarsi dritto sul Pentagono così, un pilota deve aver sorvolato a lungo la zona per conoscere gli ostacoli che incontrerà volando a bassa quota con un grande aereo di linea, prima di poter colpire il Pentagono in un punto preciso.Qualcuno l'ha studiata molto bene, qualcuno ha sorvolato a lungo quella zona”.
CNN: “Sta insinuando che potrebbe trattarsi di un'operazione interna? Le posso chiedere chi, secondo lei, si nasconde dietro tutto ciò?”.
Presidente Hosni Mubarak: “Sinceramente non voglio trarre conclusioni affrettate. Vi ricordate Oklahoma City? Alcune voci accusarono immediatamente gli arabi, ma non erano gli arabi, lei lo sa.... Non è facile commettere simili atti negli Stati Uniti per piloti addestrati in Florida, tanta gente si prepara per avere il brevetto di volo, ciò però non significa che siano capaci di simili azioni terroriste. Vi parlo da exd pilota, so bene di che si tratta, ho pilotato grandi aerei, ho pilotato caccia, me ne intendo, non sono cose facili, ecco perché penso che non si debbano trarre conclusioni affrettate”.
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L’autore, Thierry Messan è esperto di Diritti dell’Uomo nell’ambito della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Euroapa, dirige il Réseau Voltaire. La inchiesta è stata tradotta da Manuela Maddamma e Agnès Nobécourt, l’intera documentazione è stata pubblicata da Edition Carnot, Paris e da Fandango Libri- Roma.
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