Episodi per capire la vicenda Calipari che raccontiamo per esteso in questa pagina (a futura memoria, con la ripresa dei documenti ufficiali e del finto sdegno italiano)

Una statistica ufficiali significativa: contro ogni insorto gli americani hanno sparato... 90mila proiettili! Intanto gli inglesi se ne vanno in giro a provocare attentati?

di Maurizio Blondet

BASSORA - La polizia irachena cerca di fermare un’auto che fila troppo veloce in periferia; dalla macchina sparano e uccidono un poliziotto, ma gli altri riescono a circondare e fermare il veicolo. Nell’automezzo, carico di esplosivo, due uomini in abiti arabi.Ma i due arrestati non sono arabi: sono due britannici delle «forze speciali», SAS.
Si rifiutano di rivelare quale fosse la loro missione. «Chiedetelo ai nostri superiori», dicono. La polizia irachena non farà a tempo.
Poche ore dopo, dieci carri armati britannici si presentano davanti al carcere dove i due SAS sono trattenuti, sfondano il muro di cinta, e li liberano. Avviene una vera battaglia, con la popolazione che lancia bottiglie molotov contro i tanks inglesi, danneggiandone un paio; un altro centinaio di prigionieri fuggono dalla breccia.
La faccenda è rivelatrice. Con ogni evidenza, le due teste di cuoio inglesi andavano, per ordine dei loro capi, a fare un attentato esplosivo, un massacro - di quelli che accadono ogni giorno in Iraq - che sarebbe stato poi attribuito a «terroristi suicidi» e magari rivendicato dal fantomatico «Al Zarqawi». La conferma che la sanguinosa strategia della tensione, la tragica destabilizzazione in atto in Iraq, è opera delle forze occupanti; allo scopo, come sospettano molti dirigenti sciiti, di innescare la guerra civile e avere così una scusa per rendere permanente l’occupazione.
Lo confermano anche le fumose «spiegazioni» che del fatto hanno dato vari giornali USA e britannici: i quali hanno diramato foto dei cingolati incendiati dalle molotov asserendo, nella didascalia, che i bravi soldati inglesi erano sotto attacco di una milizia sciita, e che ciò era avvenuto durante «una trattativa [sic] per liberare dei soldati» britannici che erano, «probabilmente, in missione segreta».
La ferocia quotidiana degli occupanti «pacificatori» è rivelata anche da un altro particolare, apparso sulla rivista americana «Manufacturing & Technology News»: dove si dice che la truppa USA in Iraq spara tante munizioni, che l’industria americana di armamenti non riesce a tenere il passo con il consumo; al punto che il Pentagono si è rivolto per forniture a - fate fatica a immaginarlo? - industrie israeliane di proiettili.
Dall’inizio della guerra in Iraq, la truppa americana ha «speso» 1,8 miliardi di proiettili di arma leggera.
Poiché il Pentagono stima che gli «insorgenti» iracheni siano non più di ventimila, se ne deduce che contro ognuno di essi sono stati sparati 90 mila proiettili.
E ammesso che questa pioggia di morte abbia ucciso 2 mila insorti, per ammazzarne uno la potente America gli ha dedicato 900 mila pallottole di M-16. Ma naturalmente non è così: molte di quelle pallottole sono finite nel corpo di migliaia di civili disarmati e innocui.
Sì, il terrorismo esiste e ci minaccia tutti: terrorismo di Stato, anzi di superpotenza.


La tragedia di Calipari nella versione italiana: nessun segnale al posto di blocco, mai parlato di una ripresa satellitare, alterato il luogo della sparatoria, fatti sparire anche i bossoli, ecco perchè c'è difformità con il rapporto degli USA

Abbiamo in versione integrale il rapporto italiano e quello americano. Quello stilato dalla nostra commissione consta di 52 pagine e mette in luce alcuni fatti significativi. In primo luogo che gli americani non hanno preservato la scena della sparatoria, sicchè è stato pressochè impossibile accertarsi di come è stata bloccaa la Toyota. In proposito la magistatura romana avrebbe rilevato che esistono difformità tra lo stato dell'auto consegnata all'italia dopo lunga attesa e le fotografie scattate subio dopo l'arrivo dlel'auto a Bagdad Proseguiamo l'esame del rapporto italiano per sommi capi. Potete leggerlo inegralmente cliccando qui (occorre Acrobat 5 installato usl vostro computer).
Il fatto che il luogo dell'evento non sia stato preservato, non ha consentito a coloro che hanno svolto l'indagine sommaria nelle ore immediatamente successive di potere acquisire misurazioni precise delle distanze e delle posizioni sul terreno degli oggetti di rilievo coinvolti nell'evento”. A ciò si aggiunga la rimozione e l' eliminazione dei bossoli “effettuata, asseritamente, al fine di consentire libertà di movimento della torretta del veicolo col quale è stata trasportata la signora Sgrena all'ospedale e per evitare il rischio che forassero i pneumatici delle autovetture.
Gli americani lamentano che non sono sati avvisati dell'arrivo degli italiani. Nel rapporto italiano, si evidenzia che “non risulta che siano state diramate indicazioni o raccomandazione in merito all'esigenza, per coloro che percorrono la Route Irish e la Route Vernon, di utilizzare scorte o altre particolari precauzioni (ad esempio obbligo di comunicazioni preventive a autorità militari e civili) durante le fasce orarie non soggette a coprifuoco”. Non è significativo"chiedersi cosa sarebbe successo se la catena di comando avesse saputo del contenuto dell'operazione, né quale avrebbe potuto essere il comportamento dei militari nel caso avessero saputo che un'auto alleata si stava avvicinando”. Un soldato americano, dice il rapporto, ha detto che nulla sarebbe cambiato, e altri due che avrebbero chiesto i documenti agli italiani. Dai rapporti emergono due circostanze precise: i soldati del check point non sapevano che gli italiani si stessero avvicinando; gli italiani, per parte loro, non sapevano che sulla rampa della strada che porta all'aeroporto “ci fosse un posto di blocco”. Nel rappporto italiano si rileva anche l'"errore di avere lasciato la gestione del Centro operativo tattico ai militari del battaglione di artiglieria, laddove non erano ancora capaci di gestirlo correttamente e non erano in grado di coordinarsi con le altre unità”.
A proposito di velocità, gli americani sostengono che la toyota andava olre 80 all'ora. Secondo il rapporto italiano, “il conducente della Toyota non ricorda di avere controllato il tachimetro nei pressi della rampa, ma ricorda che procedeva a velocità costante pari a circa 70 chilometri orari prima di entrare in una enorme pozza d'acqua, in un sottopasso, a circa uno, due chilometri dalla rampa.
La signora Sgrena concorda sul fatto che prima di imbattersi nella pozza la vettura andasse ad una “velocità normale”, e all'uscita della pozza d'acqua la marcia aveva subito “un sensibile rallentamento”. “La strada era bagnata - prosegue il rapporto - e il conducente, uscendo dal sottopassaggio (....) aveva prudentemente rallentato l'andatura nel timore di incontrare ulteriori allagamenti.
Tale affermazione è confermata dal quella del funzionario del Sismi che li attendeva all'ingresso dell'aeroporto, in quel momento in contatto telefonico con il conducente. Apprestandosi ad affrontare la rampa di uscita dell'autostrada il conducente ha ulteriormente rallentato. Entrambi i rallentamenti d'andatura sono stati percepiti, e lucidamente ricordati, perfino dalla signora Sgrena, che in quel momento non era certo interessata allo stile di guida”.
Sembrano concordanti le analisi contenute nei due rapporti sui proiettili sparati o che hanno colpito la Toyota. I due rapporti concordano, in particolare, sul numero dei proiettili (undici), tutti calibro 7,62 che hanno perforato la parte anteriore destra della vettura, esplosi dallo stesso militare, indicato nella relazione italiana con la sigla Usa-A-8. Secondo i relatori americani, il funzionario del Sismi Carpani esce dall'auto con le mani alzate, impugnando un cellulare. Quattro militari Usa gli si avvicinano ad armi puntate tenendolo a terra e chiedendogli chi ci sia sull'auto. Dopo l'esame del distintivo e dei documenti di Calipari, e la perquisizione del veicolo, prestano i primi soccorsi al funzionario - definito “gravemente ferito” - e alla Sgrena, anch'essa ferita. Calipari però “muore pochi minuti dopo”.
Il rapporto italiano - che per grandi linee è simile a quello americano per quanto riguarda ciò che accadde subito dopo la sparatoria - definisce in “netta dissonanza”, rispetto alle altre, la testimonianza di un soldato americano, che ha riferito di avere sentito il funzionario del Sismi Carpani dire che: “prima di essere inquadrato dalla luce e di essere colpito dai proiettili era nel panico; che per questo aveva accelerato e che aveva fretta di recarsi in aeroporto”. Nessun altro soldato Usa ha definito, dice il rapporto, il conducente “nel panico”, “semmai scosso per il fuoco amico”.
Il rapporto italiano sull'incidente costato la vita a Nicola Calipari esclude - con cautela - l'esistenza di una ripresa da satellite di quanto accadde la sera del 4 marzo. “La notizia divulgata dai media” si legge a pagina 42 e 43, “circa l'esistenza di filmati satellitari, ove si rivelasse attendibile, potrebbe far considerare l'ipotesi - che i rappresentanti italiani rifiutano e non ritengono verosimile - che taluno abbia voluto alterare, o occultare, dei mezzi di prova”. Gli estensori del rapporto affermano di aver “accuratamente preso visione di tutto il materiale reso disponibile dagli americani” i quali hanno infatti assicurato “che null'altro esisteva se non ciò che era stato consegnato”. Hanno dunque tenuta nascosta la questione del satellite?
La cassetta di munizioni del mitragliere Usa al check-point non è stata sequestrata né sigillata. Lo rende noto il rapporto italiano sul caso Calipari. Inoltre, né Nicola Calipari, né il conducente della Toyota - si legge - sapevano del check point Usa.


Dieci milioni di dollari per liberare la Sgrena?

L'Italia avrebbe “messo 10 milioni di dollari di riscatto nelle mani della guerriglia” in Iraq, per ottenere la liberazione di Giuliana Sgrena: lo affermano fonti anonime del Pentagono, citate dalla Cnn, che sottolinea che non si tratta di commenti ufficiali legati alla pubblicazione del rapporto italiano sulla morte di Nicola Calipari.

Gli USA non incriminano la pattuglia che ha sparato all'auto italiana: ecco la loro versione ufficiale



Ecco il sito USA prima e dopo (ovviamente corretto) l'incidente informatico. E' stato dunque facilmente possibile superare gli omissis che leggerete nel primo rapporto pubblicato qui sotto e apparso appunto nel sito qui sopra fotografato. Nella colonna gilla gli elementi dominati che nel rapporto con gli omissis erano tenuti nascosti..

Calipari:saltano gli omissis

Chi sparò si chiama Mario Luzano, della Guardia nazionale di New York

i nomi e cognomi del rapporto Usa
Tutti i problemi di comunicazione che l'esercito Usa ebbe quella sera
e un'unica priorità: proteggere il "Vip" John Negroponte

Incredibile ma vero. Gli omissis di cui era costellato il rapporto della commissione Usa che ricostruisce quanto avvenne quella sera, sono caduti di colpo. Per un errore tecnico, per un disguido informatico. Basta prendere il formato pdf del documento dal sito del comando della forza multinazionale in Iraq, copiarne il testo e incollarlo su un normale programma di scrittura.
Oppure, cambiando il colore dello sfondo sul pdf e rendendolo dello stesso colore delle pecette e scegliendo il bianco come colore di testo. Tre movimenti di mouse e cadono tutti i segreti.
Di colpo sappiamo nomi e cognomi. Sappiamo da dove venivano i soldati che erano al check point volante 541 e che spararono all'auto su cui viaggiavano Giuliana Sgrena, Nicola Calipari e l'altro agente del Sismi che guidava. Anche di lui sappiamo il nome. Sappiamo il nome dell'altro agente del Sismi in contatto con Calipari da Bagdad. Sappiamo chi erano gli ufficiali che quella sera del 4 marzo scorso avevano un'unica priorità: proteggere il convoglio di quello che in tutto il rapporto è chiamato Vip, l'ambasciatore Usa in Iraq John Negroponte. E sappiamo che tra i tanti mezzi di comunicazione in dotazione all'esercito Usa qualcosa non funzionò e non si riuscì a far sapere ai vari posti di blocco che il Vip era già passato e arrivato a destinazione.
L'uomo che aprì il fuoco contro la Toyota si chiama Mario Lozano, soldato della guardia nazionale di New York. E' uno dei tre "specialisti" del check point. Gli altri, tutti del 69esimo reggimento di fanteria, sono un capitano, un tenente e quattro sergenti. Sei di loro vengono dalla Guardia nazionale di New York, uno, il comandante Michael Drew, è sergente di polizia del New York Police Departement. Gli altri quattro vengono dalla Guardia nazionale della Louisiana.
Drew calcolò la velocità dell'auto con cui la Toyota si avvicinava e disse che era elevata, tanto che non avrebbe tenuto la curva. Lozano lasciò il riflettore che teneva puntato sulla macchina in avvicinamento e sparò.
Ma non ci sono solo i nomi delle persone coinvolte negli omissis del rapporto. Ci sono paragrafi e pagine intere coperte di nero. Uno dei passaggi più importanti riguarda i problemi di comunicazione che gli americani ebbero quella sera, intollerabili soprattutto in un momento delicato come quello, cioè gli spostamenti di Negroponte. Dice il rapporto che abitualmente le comunicazioni avvengono tramite il Voice over Internet Protocol, ma quella sera ci furono disguidi. Il comandante della 76esima compagnia che coordinava gli spostamenti dell'ambasciatore Usa non riuscì a comunicarli al comando della Quarta brigata. Né tentò di farlo per radio.
Il risultato fu che l'ordine di smantellare i posti di blocco volanti, come quello messo in piedi vicino all'aeroporto, non arrivò. Per questo gli uomini al check point della 69esima compagnia erano ancora in allerta totale.
Tutto questo è in un voluminoso omissis. Al quale se ne aggiunge un altro in cui si specifica che la 76esima compagnia era nuovo della zona essendo arrivata in Iraq il 21 febbraio. E un altro che dice che il Vip che di solito si spostava in elicottero, come fece per tornare, fu dissuaso dalle cattive condizioni del tempo.
Non è tutto. Altre parti oscurate riguardano un'analisi di quella strada, definita la più mortale della zona: dal primo novembre 2004 al 12 marzo 2005 ci sono stati 3.306 attacchi nell'area di Bagdad, di cui 2.400 contro le Forze della coalizione. In particolare, lungo la Route Irish - la strada per l'aeroporto - gli attacchi sono stati 135.
In tutta la prima parte del documento si descrivono le tecniche di guerriglia e i tipi di ordigni che vengono utilizzati e con quali modalità. Soprattutto si elencano le divisioni e le truppe sia americane che irachene impegnate nella zona.
Poi si descrivono le tecniche di controllo che vanno utilizzate nei check point e l'addestramento che i soldati ricevono. Quello sulle perquisizioni delle auto, per esempio, i militari lo imparano sul campo.
Infine ci sono le raccomandazioni per migliorare le procedure di controllo ai posti di blocco per evitare che si ripetano altri episodi come quello di Calipari. Tra queste, prendere in considerazione l'utilizzo di "ulteriori misure non letali", non lasciare a un solo uomo sia la guardia al faro di riconoscimento sia la responsabilità di aprire il fuoco. Una sorta di riconoscimento di responsabilità o comunque un'ammissione che qualcosa in più per evitare quella morte si poteva fare. Ma era coperto da omissis.

Il TESTO INTEGRALE, senza omissis, IN INGLESE DEL RAPPORTO USA

Se quanto vi abbiamo dato in questa pagina non vi basta e volete leggere il testo integrale inglese del documento ufficiale USA, senza omissis, cliccate qui . Sarà effettuato il suo download rapidissimo.

1. Premesse - A. Breve descrizione dell’incidente - «La sera del 4 marzo 2005, personale della (omissis) compagnia del (omissis) fanteria (aggregato a omissis) brigata unità di combattimento omissis divisione), pattugliavano la route Irish, la strada che collega il centro di Bagdad con Camp Victory. A sette di questi soldati veniva assegnata la missione di approntare e operare un cosiddetto blocco (blocking position) sulla rampa in direzione sud che immette route Vernon nella route Irish in direzione ovest. Dovevano controllare la posizione fin quando non fossero stati rilevati, il che doveva avvenire, come stabilito sin dall’inizio, dopo il passaggio di un convoglio con a bordo l’ambasciatore americano in Iraq (Negroponte ndr) diretto a Campo Victory e quando tale convoglio fosse arrivato a destinazione.

(...) Il nome in codice della blocking position era BP541 e con questa sigla vi si farà riferimento nel rapporto.

(...) I soldati prendevano posizione al BP541 approssimativamente alle 19.30. Intorno alle 20.50 la macchina con a bordo il signor Calipari, il signor omissis, la signora Giuliana Sgrena, che viaggiava in direzione sud lungo la route Vernon, affrontava la rampa di immissione per immettersi sulla route Irish in direzione Ovest. Per ragioni che verranno esaminate più avanti finiva sotto il fuoco. Rimanevano feriti il guidatore, il signor (omissis), e la signora Sgrana. Moriva il signor Calipari. Il comandante della (omissis) divisione ordinava quella notte stessa un’inchiesta preliminare sull’accaduto».

B. Impedimenti - «In una situazione ideale la scena dell’incidente sarebbe stata conservata nello stato in cui si presentava dopo che era stato aperto il fuoco e la macchina si era arrestata.

Questo avrebbe consentito già ai primi investigatori di effettuare misurazioni precise delle distanze e la localizzazione degli oggetti significativi coinvolti nell’evento. un’indagine iniziale sul posto è stata condotta, ma un numero di circostanze occorse sul sito hanno impedito di sterilizzarlo. Gli Humves dislocati sul posto sono stati utilizzati per trasferire la Sgrena in ospedale e il luogo, non deputato ad essere scena del crimine, veniva ripulito per consentire la circolazione.

Per questo motivo veniva rimossa anche la macchina prima che ne potesse venire registrata la posizione utilizzando un sistema Gps. Su ordine del comandante (omissis) la macchina veniva ricollocata nella posizione ritenuta quella originale di arresto sulla base di testimonianze oculari e di foto digitali scattate prima che la macchina fosse rimossa dalla scena.

Un ulteriore impedimento nella ricostruzione dell’evento tale da consentire accurati accertamenti peritali quali traiettorie dei proiettili, velocità del veicolo e distanza di arresto è stata dovuta al pericolo della zona in cui l’incidente è avvenuto. Ne sia prova il lancio di una granata contro la commissione congiunta durante un sopralluogo sul sito dell’incidente. (...) In ogni caso per questi motivi numerosi test sono stati effettuati a Camp Victory e per questi motivi gli accertamenti peritali non possono essere ritenuti definitivi come in circostanze normali. Altri impedimenti sono stati rappresentati dagli interventi sulla torretta di uno dei mezzi impegnati al BP541, la restituzione dei telefoni cellulari in possesso del signor (omissis) prima che questi lasciasse la scena ma, soprattutto, la circostanza che al contrario del personale americano, ascoltato sotto giuramento, il personale italiano ha deposto senza giurare non essendo questo un obbligo per la legge italiana fino al momento in cui non si compare dinanzi a un giudice».

2. Il contesto

A. Le condizioni dell’area - «Dal luglio 2004 al marzo 2005 si sono registrati 15.257 attacchi contro forze della coalizione in Iraq. Gli Stati Uniti considerano l’intero Iraq zona di combattimento».

B. «Bagdad è città di 6 milioni di persone e di un gran numero di resistenti e terroristi che operano sia in città che nelle vicinanze».

C. «L’Irish route è nota come la più mortale delle strade in Iraq da giornalisti, soldati e comandanti. (...) La maggior parte degli attacchi avvengono normalmente in coincidenza di tre intersezioni (omissis, il BP541 e omissis)».

D. «La sera dell’incidente si erano registrati almeno due casi di sparatorie nelle immediate vicinanze del luogo dell’incidente, una prima e una dopo che avesse luogo (...) Inoltre, due giorni prima dell’incidente due soldati della stessa unità (impegnata al BP541 ndr) erano rimasti uccisi da ordigni esplosivi improvvisati. Il comandante omissis della compagnia omissis aveva perso nella circostanza un suo caro amico».

E. L’esperienza dell’unità coinvolta nell’incidente e la sua area di responsabilità.- «La divisione omissis era ritornata in Iraq nei primi giorni di febbraio 2005 (...) La brigata omissis aggregata a tale divisione era in Iraq da 8 mesi (...) I suoi uomini in quel periodo hanno condotto circa 50 mila operazioni di pattuglia ed effettuato 5.237 controlli stradali. Il battaglione omissis era arrivato sul teatro delle operazioni il 4 novembre 2004 e (...) era stato assegnato alla Irish route il 15 febbraio 2005. Da allora fino all’aprile 2005 ha condotto duemila operazioni di pattuglia, di cui un terzo notturno (...)».

3. Fatti
«L’Irish route e i suoi Check-point, particolarmente quelli in coincidenza delle tre intersezioni, sono continuamente soggetti ad attacchi (...). Il luogo in cui si è consumato l’incidente rappresentava un’eccellente opportunità per un attacco suicida (...). Il soldati dell’omissis avevano subito numerose perdite nei 4 mesi di permanenza in Iraq compresi i 2 soldati uccisi due giorni prima dell’incidente. I soldati del (omissis) erano esperti nell’attività di pattugliamento e di messa in sicurezza delle vie di comunicazione. I soldati del (omissis) mancavano invece di esperienza nell’impartire ordini durante operazioni di pattugliamento volante (blocking)».

Segue parte integralmente classificata sulle procedure di gestione dei check-point.

4. I soldati al BP541.
«I soldati impegnati al BP541 il 4 marzo 2005 erano stati addestrati presso il centro di addestramento nazionale, come anche in Kuwait e in Iraq (omissis). Poiché avevano perso 2 uomini due sere prima dell’incidente in località omissis e considerando il loro addestramento e la cornice di rischio il comandante della compagnia aveva deciso, la sera del 4 marzo, di rinforzare il posto di blocco volante con due humves. Per l’ufficiale era prioritario proteggere i propri uomini da possibili attacchi. Tant’è vero che il sottotenente omissis aveva ordinato che il mitragliere di uno dei veicoli utilizzasse il puntatore laser invece della vedetta manuale del sergente omissis. Ordine che era stato eseguito.

(...) I soldati impegnati al BP541 erano stati addestrati all’uso progressivo della forza e a tutte le norme e i principi che disciplinano le procedure ai posti di blocco (...). Peraltro l’intero battaglione era stato sottoposto ad un ulteriore ripasso delle procedure essendo rimasto coinvolto, precedentemente all’incidente, in altro incidente che aveva comportato un’indagine interna. Si era trattato del ferimento di un civile che procedeva in una macchina ad alta velocità. Erano stati pertanto ridiscussi con il personale l’uso delle segnalazioni, delle luci artificiali, dell’uso progressivo della forza (...). I soldati venivano peraltro regolarmente istruiti ogni giorno prima delle operazioni di pattuglia, e così era avvenuto regolarmente il 4 marzo 2005.

I fatti. - «Comandanti e soldati impegnati al BP541 erano consapevoli del tipo di missione che dovevano svolgere ed erano consapevoli delle regole d’ingaggio.
Erano stati addestrati e di recente riaddestrati dal momento del loro arrivo nel teatro delle operazioni. Non esiste un’indicazione precisa su quale tipo di equipaggiamento queste unità devono utilizzare per stabilire omissis richiedere al mitragliere di un humves di operare l’accensione a mano di un faro mentre il resto dell’equipaggio si occupa delle armi è una prassi accettata».

Raccomandazioni.- «Si raccomanda una complessiva revisione delle procedure di gestione del controllo stradale e delle operazioni di check- point volante (blocking). I soldati e i comandanti devono essere addestrati a percepire quel che sta accedendo immedesimandosi anche nella prospettiva visiva di un autista iracheno. Si raccomanda inoltre una partecipazione permanente del personale di tutta la coalizione alla definizione delle operazioni di protezione di tutte le forze dell’alleanza. E questo per trarre beneficio da quanto appreso da altre nazioni in materia di check-point».

L’incidente al BP541.-

Il personale coinvolto.- «Il capitano omissis, comandava la compagnia omissis incaricata di stabilire 4 blocking-points lungo la route Irish la sera del 4 marzo. Il tenente omissis era l’ufficiale operativo della compagnia omissis ed è stato inizialmente presente al BP541. Il sottotenente omissis era il capo plotone ed era al comando del BP541. Il sergente omissis era nel veicolo di vedetta al BP541. Il sergente omissis era il mitragliere. Lo specialista omissis era il guidatore ed era addestrato alle operazioni di primo soccorso dei feriti. Il sergente omissis era il sottoufficiale di plotone al BP541 e il comandante del secondo mezzo con funzioni di ostruzione stradale al BP541.

Lo specialista omissis era il mitragliere di tale mezzo ed aveva esperienza dell’uso delle armi M240B ed M249. Lo specialista omissis era il guidatore di tale mezzo. Il sergente di prima classe omissis era il comandante del mezzo.

Nicola Calipari, ufficiale dell’Intelligence militare italiana, con il grado di generale, era incaricato del recupero della signora Sgrena. Il signor omissis era un ufficiale dell’Intelligence con anni di esperienza di lavoro e di guida a Bagdad. Conduceva la macchina coinvolta nell’incidente. Giuliana Sgrena è una giornalista del «Manifesto», ed è stata sequestrata a Bagdad e tenuta in ostaggio per un mese».

La missione.- «La missione della compagnia omissis la sera del 4 marzo 2005 era garantire sicurezza lungo la Irish route. E dunque sorvegliare possibili attacchi e assicurare il transito in sicurezza di convogli della coalizione tra la zona internazionale e l’aeroporto. La compagnia omissis aveva regolarmente effettuato queste missioni dal 15 febbraio 2005. Durante le operazioni di pattuglia il capitano omissis aveva ricevuto 2 allarmi di autobomba. Uno riguardava una macchina nera, uno una macchina bianca (si vedano allegati 74 c, 13 e, 14 e). Aveva dunque trasmesso tali informazioni ai suoi subordinati, compreso il sottotenente omissis, che le aveva trasmesse ai suoi uomini. Alle 18.43 il capitano omissis aveva ricevuto una chiamata dal capitano omissis con cui si chiedeva in quanto tempo era possibile stabilire un check-point volante lungo la route Irish (allegati 60 c, 61c, 3l) omissis. Alle 19.16 il capitano omissis chiamava il capitano omissis per ordinare l’allerta a tutti i check-point volanti per il transito del Vip (Negroponte ndr) (omissis). ALle 19.30 il sottotenente omissis arrivava al BP541 con tre humves. Qui trovava il tenente omissis in posizione sulla rampa e lo rilevava nella posizione. Poco dopo il capitano omissis avanzava il suo humves e disponeva lo spostamento di un secondo humves al comando del sottotenente omissis. Alle 19.38 il capitano omissis riferiva al capitano omissis che tutti i posti di blocco volanti erano stati stabiliti. Il capitano omissis a sua volta comunicava che il Vip sarebbe partito di lì a 5-10 muniti. Alle 19.45 il omissis comunicava al capitano omissis che il convoglio (di Negroponte ndr) aveva lasciato la zona internazionale diretto a Camp Victory. Il capitano omissis chiedeva l’ora e la composizione del convoglio al capitano omissis poiché non era possibile un contatto diretto. Contestualmente riceveva l’ordine di avviare il piano di chiusura della Irish route».

«Le istruzioni fornite dal sottotenente omissis al capitano omissis erano di stabilire un check-point volante per facilitare i movimenti del Vip (Negroponte ndr). Il capitano omissis aveva inoltre sottolineato l’importanza della protezione della forza e riteneva di mantenere i check-point volanti per non più di 15 minuti. Il sottotenente omissis dislocava i suoi 2 mezzi per stabilire il check-point volante. Posizionava il mezzo comandato dal sergente omissis sulla strada a bloccarne la carreggiata.

In coincidenza con la seconda di tre barriere in cemento armato già collocate sulla rampa il sottotenente omissis collocava l’altro mezzo di vedetta in coincidenza della terza barriera di cemento armato, la più vicina alla route Irish. Nella loro collocazione finale entrambi i mezzi guardavano alla route Irish. Il sottotenente omissis collocava i mezzi in modo tale da tenerli a riparo dal lancio di granate dal ponte soprastante in modo da assicurare una linea di avvistamento libera da ostacoli sul traffico in ingresso e sui campi e le costruzioni circostanti. Il mezzo del sergente omissis era stato collocato in modo tale da bloccare l’ingresso sulla route Irish. Dopo essersi consultato con il sergente omissis il sottotenente omissis fissava la linea di allerta in coincidenza dell’intersezione della route Vernon e la linea di avvertimento in coincidenza del secondo lampione della soprastante rampa. Il sottotenente omissis e il sergente omissis informavano i mitraglieri della collocazione della linea di allerta e di avvertimento stabilendo quando accendere il faro e quando esplodere i colpi di avvertimento».

Gli ordini ai soldati. - «Lo specialista omissis era alla guida del veicolo in mezzo alla carreggiata ed era tenuto a rimanere al suo posto. Lo specialista omissis era il mitragliere di questo stesso veicolo e doveva restare in torretta rivolto verso il traffico in arrivo. Dalla torretta doveva accendere un faro sui veicoli in avvicinamento il prima possibile, se possibile ancor prima della linea di allerta (era in grado infatti di spingere lo sguardo 20 metri oltre questa linea). Il sergente omissis comandante del mezzo doveva sostare a piedi fuori dal mezzo. Lo specialista omissis del veicolo di vedetta doveva rimanere al suo posto. Il sergente omissis bordo di tale veicolo doveva stare in torretta e azionare un puntatore laser in direzione di un veicolo non appena lo avesse visto e non oltre la linea di allerta, concentrando il raggio sul parabrezza in coincidenza del sedile di guida. Doveva inoltre sorvegliare l’area tra la Irish route e la rampa di ingresso. Il sergente omissis doveva sostare a piedi fuori dal veicolo.
Il sottotenente omissis doveva a sua volta sostare a piedi fuori dai veicoli per sorvegliare le operazioni fuori il blocking-point».

Comunicazioni del check-point. - «Il capitano omissis, il sottotenente omissis e il sergente omissis erano preoccupati della durata del tempo durante il quale i loro soldati erano stati costretti nelle loro posizioni ai blocking-point. Il capitano omissis era preoccupato che lasciare i soldati in una posizione statica per più di 15 minuti li avrebbe resi vulnerabili a un attacco, Era inoltre preoccupato che la permanenza ai check - point volanti stava impedendo di portare a termine la sua missione di pattugliamento. Il capitano omissis verificò con omissis per ben 2 volte la possibilità di smantellare i posti di blocco volante e per due volte omissis dopo aver controllato con omissis lo informò che il convoglio non era ancora passato e che doveva mantenere le posizioni. Alle 20.10 il capitano omissis chiese il permesso di omissis di smantellare i blocking points 15 minuti prima del movimento del Vip (Negroponte ndr).

Alle 20.14 omissis informò omissis che le posizioni di blocco potevano essere ridotte fino alle 20.18. Alle 20.15 il capitano omissis comunicava a omissis che i posti di blocco volanti sarebbero rimasti operativi. Alle 20.20 il capitano omissis informava omissis di mantenere le posizioni. Alle 20.30 il capitano omissis chiedeva ancora una volta di smantellare il check-point volante. Gli veniva detto che l’ordine da omissis era di non rimuovere i check-point volanti perché il convoglio (di Negroponte ndr) avrebbe raggiunto la Irish route in 20 minuti e del convoglio avrebbero fatto parte omissis».

Omissis.
«Non c’è prova che indica che omissis trasmise l’informazione sugli orari di partenza e di arrivo del Vip a nessuna unità. Per questo motivo ai soldati della compagnia omissis venne dato l’ordine di rimanere ai posti di blocco.

Tranne che per i brogliacci di servizio non esistono elementi scritti o registrazioni radio in grado di documentare le comunicazioni tra le unità impegnate nei check-point volanti nella Irish route impegnati la sera del 4 marzo 2005».

L’incidente. - «Dopo essere arrivati all’aeroporto di Bagdad dall’Italia nel tardo pomeriggio del 4 marzo 2005 e aver sbrigato le pratiche amministrative, il signor omissis e il signor Calipari si recavano in un luogo ignoto del distratto di Mansour a Bagdad. Alle 20.30 circa recuperavano la signora Sgrana e facevano rientro all’aeroporto di Bagdad. entrambi gli agenti facevano telefonate durante il tragitto (104 c).

Il signor omissis (il maggiore del Sismi ndr) parlava soprattutto con il suo collega, il signor omissis che lo aspettava fuori dall’aeroporto vicino a omissis. Lo aggiornava sulla sua posizione e discuteva delle formalità da sbrigare all’aeroporto. Il signor omissis (il maggiore che guidava) aveva dovuto rallentare in coincidenza del sottopasso allagato della route Vernon.

Il signor omissis (il maggiore ndr) che aveva esperienza di guida a Bagdad non aveva pianificato una strada alternativa per l’aeroporto. Percorreva quella che riteneva la strada più logica per l’aeroporto, ma senza tenere d’occhio il suo contachilometri. Né lui né Calipari sapevano che la rampa di immissione sulla Irih route era bloccata. Non c’è dubbio che il signor omissis (il maggiore ndr) riteneva che la strada fosse libera.

All’incirca alle 20.45 i soldato al BP541 erano nella posizione in cui erano stati comandati alle 19.30. Avevano con successo fermato e fatto tornare indietro tra i 15 e i 30 veicolo senza che nessuno superasse se non di qualche metro la linea di allerta. (allegati 77c, 79 c, 81 c, 83 c, 87 c, 133 c). Nel mezzo che ostruiva la carreggiata, lo specialista omissis, in torretta, stava manovrando il suo mitragliatore M240b in basso, verso la sua sinistra in coincidenza di un prato. Mentre lo specialista omissis era al sedile di guida.

Nell’altro mezzo, quello di vedetta, lo specialista omissis era alla guida, il sergente omissis in torretta. Il sergente omissis era sul sedile posteriore e puliva i suoi occhiali protettivi. Il sergente omissis, comandante di plotone, stava cercando di capire per quanto tempo ancora sarebbero dovuti rimanere in quella posizione.

Con lui era i, sottotenente omissis, entrambi rivolgevano le spalle alla rampa di immissione. nessuno dei soldati erano a conoscenza che gli italiani stavano arrivando.

Nel momento in cui la macchina approccia la rampa della route Irish il maggior omissis (il maggiore ndr) era al cellulare e aggiornava il signor omissis sulla loro posizione riferendo che tutto era a posto. Sebbene non controllasse il suo contachilometri il signor omissis riteneva che la sua velocità fosse di 70-80 chilometri orari nel momento di uscire dalla route Vernon e in quello di immettersi nella route Irish. Le luci di cortesia della macchina erano accese e lo erano sempre state dal momento in cui la signora Sgrena salì sulla macchina. Inoltre il signor omissis (il maggiore) aveva il suo finestrino aperto a metà per ascoltare possibili minacce. La Sgrena e Calipari erano sul retro della macchina e parlavano tra loro. L’atmosfera in macchina era un misto di eccitazione per la liberazione della Sgrena e per l tensione per una missione che doveva ancora concludersi.

Alle 20.50 lo specialista omissis vedeva una macchina approcciare la rampa di immissione, a circa 140 metri dalla sua posizione. Lo specialista omissis, tenendo il faro nella mano sinistra, illuminava la macchina prima che raggiungesse la linea di allerta. A quel punto, il sergente omissis acquisiva la posizione della macchina e puntava il suo laser sul parabrezza dell’auto nel momento in cui raggiungeva la linea di allerta. Entrambi, lo specialista omissis e il sergente omissis percepivano la velocità della macchina come superiore alle 50 miglia orarie e superiore a quella di ogni altra macchina fermata quella sera.

La macchina attraversava la linea di allerta dirigendosi verso i soldati e senza rallentare. Lo specialista continuava a illuminarla e gridava di fermarsi. Uno sforzo inutile, ma una reazione istantanea dovuta al suo addestramento. La macchina, senza rallentare, continuava la sua corsa verso la linea di allerta con la luce e il laser ancora accesi.

Quando la macchina superava la linea di allarme, lo specialista omissis, tenendo il faro con la mano sinistra, utilizzava la destra per sparare rapidamente da due a quattro raffiche su un prato in corrispondenza del lato destro della vettura. Era un avvertimento.

La macchina proseguiva il suo approccio ad alta velocità e superava la linea di allarme. Il sergente omissis, addestrato alla stima della velocità dei mezzi, pensava che la macchina viaggiava a 50 miglia orarie e che a quella velocità non sarebbe riuscita a rimanere in curva. Lo specialista omissis, a questo punto, lasciava il faro e immediatamente spostava la sua arma da sinistra a destra, senza doversi muovere dalla torretta per orientarla verso la macchina. Con entrambe le mani sull’arma sparava una nuova raffica, indirizzando i colpi dall’asfalto verso il cofano e la fiancata destra dell’auto, nel tentativo di mettere fuori uso il motore. I colpi raggiungevano la parte frontale e destra, bucavano la gomma sinistra, facevano esplodere i finestrini laterali.

Il signor omissis (il maggiore) reagiva gridando al telefono «ci stanno attaccando», senza sapere chi gli stesse sparando. A quel punto inchiodava, chinandosi sul lato sinistro di guida. Lo specialista omissis cessava il fuoco non appena vedeva la macchina rallentare e quindi fermarsi. Erano trascorsi circa quattro secondi tra l’esplosione della prima e dell’ultima raffica, e non più di sette tra il momento dell’attraversamento della linea di allerta.

Allerta (....) La confidenza del maggiore C. - Il signor omissis (il maggiore C.) dopo l’incidente spiegò al sergente di prima classe omissis chi fosse la signora Sgrena e che lui stava provando a portarla all’aeroporto.
Disse anche che aveva sentito degli spari provenire da qualche parte e che per questo, preso dal panico, aveva cominciato ad accelerare provando a raggiungere l’aeroporto il più presto possibile. Il signor omissis aveva ammesso con il sergente omissis che aveva continuato ad accelerare ancora sulla rampa perché aveva fretta».

IL COORDINAMENTO CON GLI ITALIANI

«Quando ci si muove in uno spazio di combattimento assegnato ad una unità in una zona di guerra, il coordinamento con le forze nell’area è richiesto (...) Per determinare chi o quali organizzazioni fossero al corrente dell’operazione di recupero della Sgrena, sono state ottenute dichiarazioni sotto giuramento da personale che, per la propria funzione, aveva avuto accesso alle informazioni su tale operazione. E’ stata ottenuta anche una relazione dell’ambasciata americana a Baghdad. Ecco i risultati: 1. Nessuno all’ambasciata americana, compreso (omissis) seppe dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.
2. Nessuno al vertice della catena di comando della Forza Multinazionale era al corrente dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.
3. Nessuno, con le eccezioni elencate qui di seguito, era al corrente nella linea di comando italiana dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.
4. (serie di omissis) era al corrente dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.
5. Nessuno al posto di comando americano in aeroporto era al corrente dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.
6. Nessuno del Gruppo di lavoro ostaggi a Baghdad era al corrente dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.
7. Nessuno della Comapgnia (omissis) era al corrente dell’operazione Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.

Può pertanto essere affermato con certezza che l’esercito americano era completamente allo scuro del recupero e trasporto della Sgrena fino al momento dell’incidente a fuoco.

IL CAPITANO

(omissis) (Green ndr.) «Alle 20.30, il generale (omissis) (Mario Marioli ndr., vicecomandante della Forza Multinazionale), approcciava il capitano (omissis - è Green, ndr.), per sapere come stava e chiedergli se il tenente colonnello (omissis) gli aveva detto cosa stava accadendo. Il capitano rispondeva «no», ma che sospettava che ci fosse qualcosa che aveva a che fare con la Sgrena. Il Generale (Marioli ndr.) disse: «Sì, ma è meglio se nessuno lo sa». Il capitano prese come un ordine di un superiore quello di non comunicare a nessuno la circostanza.

Inoltre il generale (Marioli ndr.) non aveva intenzione per il capitano di prendere qualsiasi iniziativa. Lo disse al capitano soltanto perché non rimanesse sorpreso nel vedere la Sgrena arrivare.

Il capitano non venne informato del recupero della Sgrena finché non ebbe luogo l’incidente. Non era tenuto a prendere alcuna iniziativa su una vicenda considerata di interesse nazionale italiano, né era nella posizione e nel grado per farlo. Ha ubbidito all’ordine di un generale (Marioli ndr.).




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