Quel sanguinoso primo maggio del 1945: il racconto in diretta, nuove testimonianze, nomi e dettagli senza spirito di parte, perchè la storia sia tale
E' attiva la Residenza per Studenti Universitari alla quale è stato appioppato il soave titolo di “Quartiere Novo”. La vedete, ristrutturata, nella foto qui sotto.
In realtà si tratta di un edificio tutt’altro che “novo”. Tale è diventato in seguito a una lunghissima storia di restauri ed anche di guai da parte delle imprese edili che si sono succedute in questi anni. Ma soprattutto i cremonesi che hanno un minimo di memoria storica non possono certo ignorare il nome popolare e trucemente famoso di quest’edificio: è infatti la antica “caserma del diavolo” che, con un destino che è proprio significativamente marcato dal titolo popolare, ha visto nella sua vicenda secolare esplodere entro le sue mura alcuni degli episodi più sanguinosi della storia cremonese.
Come si fa ad inaugurare il “quartiere novo” (il titolo non si comprenderebbe se non ci fosse la sana volontà di riscattare il passato) senza parlare di un evento che ha segnato profondamente la storia della città quasi sessant’anni fa? Rifacendoci all’insegnamento di Giampaolo Pansa “Il sangue dei vinti” attualizzato in chiave cremonese da un brillante e giovane storico, Paolo Dossena, possiamo fornire altri sensazionali documenti e particolari su una pagina chiave della storia locale in uno sforzo di recupero serio e senza enfasi faziose del quadro storico.
Siamo in grado, in modo specifico, di aggiungere molti dettagli e riferimenti a una vicenda che è venuta a galla crudamente molti anni dopo le brevi notizie che l’accompagnarono sul quotidiano “Fronte Democratico” ai primi di maggio del 1945. Il recupero sostanziale di quei fatti avvenne, infatti, in seguito alla memoria (pubblicata dal settimanale “Mondo Padano”) di un sacerdote, Luciano Zanacchi, che diede i conforti religiosi a dodici persone prima della loro fucilazione e quindi fu testimone diretto dei fatti.
La “caserma del Diavolo" durante la Repubblica Sociale Italiana era diventata sede di una compagnia della GNR; Il 26 di aprile, nel pomeriggio, venne occupata dai partigiani comunisti e subito trasformata in carcere . Il comandante era Giuseppe Marabotti con l’approvazione del questore della “liberazione” Ferretti, e dei “comandanti di piazza” partigiani Salvalaggio e Ughini, il primo impiegato presso la Provincia e il secondo presso un istituto bancario cittadino. Lì venivano rinchiusi i combattenti della RSI catturati anche fuori Cremona. I giorni dell’ira e della vendetta trovarono qui la loro sede principale.
Un episodio spicca su tutti: il 1° maggio 1945 vennero stesi a colpi di mitraglia e di armi da fuoco dodici cittadini di Cremona: undici uomini e una donna, Lucilla Merlini, di 25 anni, colpevole di essere la sorella di un fascista, Mario Merlini, già assassinato il giorno precedente. Si disse che Lucilla Merlini fosse in attesa di un figlio, tale indiscrezione circolava tra I partigiani, ma dalla esumazione ordinata dal magistrato Fulvio Righi ed eseguita il 16 giugno del 1955 si è giunti ad escludere questa ipotesi. Furono invece trovati fori di pallottola nella cassa da morto, a dimostrazione del fatto che Lucilla Merlini fu colpita anche dopo la fucilazione o che forse aveva dato segni di vita quando era ormai richiusa nella cassa. Nella circostanza furono esumate pure le salme di Cesare Santini e di Vito Marziano brigadiere di polizia: il cranio di quest'ultimo era spaccato: fu forse finito con il calcio del fucile.
Gli undici uomini erano: Luigi Di Biagio, questore di Cremona durante la RSI; Domenico Di Fabrizio, suo Capo di Gabinetto; Pasquale Mafrice, maresciallo della polizia repubblicana; Vito Marziano, brigadiere di polizia; Angelo Belmonte, tenente della GNR; Giuseppe Maestrelli, tenente della GNR; Orlando Maestrelli, capo squadra della GNR; Cesare Santini, capo squadra della GNR; Guido Ruggeri, vice capo squadra della GNR; Carmelo Parisi, squadrista della Brigata Nera; Giuseppe Aldovini, sindacalista.
La notte prima si era riunito il tribunale Militare Straordinario altrimenti chiamato Tribunale del popolo ed aveva deliberato sommariamente la fucilazione di una trentina di fascisti detenuti nei vari carceri cremonesi.
Eppure era giunta il giorno 30 aprile una disposizione del Comando Alleato con la quale venivano vietate in modo assoluto tutte le esecuzioni di condanne a morte dei fascisti detenuti. In seno al cosiddetto “Tribunale del popolo” vi fu chi, G. Marabotti, chiese l’osservanza della predetta disposizione. Ma un gruppo di “duri” ebbe partita vinta. Marabotti si dimise. Ottenne soltanto che I tredici condannati a morte diventassero dodici. Ebbe salva la vita C.P. Nessuno dei dodici fu interrogato o ammesso a difendersi. Per la Lucilla Merlini risulta che vi furono dei pro e dei contro e delle incertezze fino all’ultimo momento, poi si decise di fucilarla...
Nella foto: Lucilla Merlini .
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Pagina aggiornata alle ore 20:13:28 di Martedì, 4 maggio 2004