"Il Vascello", pagine di cultura: Giardini Cremonesi Testo di Marida Brignani e Luciano Roncai,
foto di Luigi Briselli ed Ezio Quiresi


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4- Molto distante dall’idea attuale di oggetto esclusivamente estetico, il giardino era all’epoca un organismo complesso, articolato generalmente in zone distinte con differenti specificità produttive, ancora oggi in molti casi evidenti soprattutto nei giardini annessi alle cascine. Il giardino era la parte emergente del territorio coltivato, la più colta, la più bella, la più redditizia: uno proprio paradiso comprendente un’area deputata al piacere e alla rappresentanza, ma anche l’orto, il brolo-frutteto e la vigna, il semenzaio ed il vivaio; nei casi migliori anche la serra, la peschiera, la ghiacciaia e la colombaia per sconfinare nell’eccellenza con le aree boscate e le riserve di caccia annesse alle grandi tenute, come il Casino dei Boschi di Sala Baganza (Parma), frutto di una cultura universitaria appoggiata a precise competenze agronomiche ed economiche.
Era la forma più evoluta e specializzata del territorio, non trascurata da quei proprietari che, anche nel Cremonese, sull’onda delle innovative teorie illuministiche, diventarono protagonisti della riforma della pratica agraria tra Settecento ed Ottocento, dando vita a veri e propri stabilimenti agrari complessi che tendevano a razionalizzare, in un ordine scientificamente stabilito, la struttura della cascina attraverso la revisione della funzionalità delle singole parti che la componevano e del loro reciproco rapporto spaziale e funzionale, per attuare un ciclo di lavorazione pressoché completo che dalla terra trasformasse i prodotti senza scarti, utilizzando competenze specifiche come quelle dell’agronomo.



Edizioni Del Miglio, via Stradivari 5, Persico Dosimo -- -- 12-05-2004