"Il Vascello", pagine di cultura: Giardini Cremonesi Testo di Marida Brignani e Luciano Roncai,
foto di Luigi Briselli ed Ezio Quiresi


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8- Dapprima nelle piccole ortaglie-vivaio sparse in modo pressoché uniforme su tutto il territorio, poi dalla metà del Novecento in modo sempre più specializzato e concentrato nelle aree rivierasche del fiume Oglio cremonese e mantovano, la manualità e la “sapienza” antica si conservavano, si evolvevano, si specializzavano, facevano proprie non solo le attitudini e le conoscenze agronomiche locali, ma assimilavano alcuni ruoli che erano stati in antico degli orti botanici: la ricerca, l’importazione, lo studio, l’acclimatazione, la diffusione di un numero sempre più elevato di specie alloctone ed esotiche. Non solo. Emulando i centri di ricerca e produzione olandesi, si andavano sperimentano nuove varietà botaniche, forme ottimali di innesto, modalità colturali e assetti morfologici inediti degli organismi vegetali per soddisfare un mercato sempre più diffuso ed esteso a tutte le componenti sociali, pubbliche e private, esigenti dal punto di vista estetico, ma mediamente poco preparate a gestire le caratteristiche e le esigenze colturali delle diverse specie, di norma delegate a vari livelli agli operatori specializzati del settore. Una funzione specifica del giardino era uscita così dal confine domestico per trovare una propria autonomia produttiva e trasformarsi via via in tipologia colturale, estendendosi e connotando profondamente aree sempre più vaste del Cremonese-Mantovano fino a divenire elemento del paesaggio.
Fin dall’antichità, a partire dalla doppia centuriazione romana, il territorio agrario cremonese è stato fortemente ridisegnato, regolarizzato ed infrastrutturato.
La constatazione che ancora oggi ampi tratti della maglia centuriale siano chiaramente leggibili e continuino a segnare i confini fra le proprietà, nonché l’allineamento di strade campestri e canali colatori, fa supporre che queste aree non solo non siano mai state completamente abbandonate, ma che buona parte dei tracciati romani abbiano continuato nel tempo ad assolvere in modo funzionale al loro compito, tanto da non essere stata avvertita la necessità di investire fatica e risorse nel modificarli. Non solo. Per l’agro cremonese sembra aver continuato ad apparire funzionale anche l’estensione superficiale della centuria, con le sue suddivisioni interne, come alcune indagini avviate in proposito paiono confermare citando molte cascine che si collocano ancora oggi al centro di “possessioni” che ne ricalcano all’incirca la dimensione. Nell’articolo “Sulle condizioni economiche e morali della Bassa Lombardia, pubblicato nel 1851 ne Il Crepuscolo e da molti attribuito a Carlo Cattaneo, o in alternativa a Giovanni Cantoni, si asseriva infatti che le rese dominicali avrebbero tratto gran beneficio dalla suddivisione dei latifondi in possessioni, affittate singolarmente, di circa mille pertiche ciascuna, quale estensione ideale per essere coltivate in modo accurato e produrre rese ottimali sia per l’affittuario che per il proprietario.




Edizioni Del Miglio, via Stradivari 5, Persico Dosimo -- -- 12-05-2004