"Il Vascello", pagine di cultura: Giardini cremonesi Testo di Marida Brignani e Luciano Roncai,
foto di Luigi Briselli ed Ezio Quiresi


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10- In ambito lombardo, e cremonese in particolare, la dilatazione percettiva dei confini e delle prospettive, lo sconfinamento e la sovrapposizione del giardino alla campagna circostante, la ricerca di un ideale infinito ha seguito criteri e strategie necessariamente diversi. Senza pretendere di abbracciare a perdita d’occhio un orizzonte mobile come quello delle campagne inglesi percorse a cavallo, spesso non era possibile spaziare neppure oltre il limite della proprietà, cinta di muri e siepi. A volte erano allora i fondali dipinti, fatti propri anche dalle ville di campagna, mutuando una tradizione consolidata per i giardini urbani e le decorazioni degli interni, a “sfondare” l’orizzonte, ma più spesso erano i lunghi viali alberati, sia di proprietà come le strade poderali, sia le strade pubbliche regie e postali, che dalla seconda metà del Settecento e soprattutto nell’Ottocento venivano piantumate con lunghi filari di alberi d’alto fusto. In qualche caso erano gli stessi proprietari ad assumere gli oneri delle piantumazioni pubbliche per disporre di cannocchiali prospettici funzionali al miglioramento delle vedute. E’ il caso della villa Barni a Roncadello. Sullo sviluppo del centro urbano del catasto settecentesco dei beni di seconda stazione, sono tratteggiati sotto forma di progetto ben quattro assi ortogonali in uscita da un ideale centro, costituito dalla villa, ed orientati nelle direzioni dei punti cardinali. Le mappe del 1901 danno conto della realizzazione di due dei progettati viali, tuttora esistenti quali strade pubbliche, in direzione Ovest e Sud, mentre a Nord l’asse longitudinale prosegue con il rettifilo di una roggia che potremmo immaginare alberata. Significativa anche la denominazione di “prospettive” che compare nella medesima mappa. Del viale orientato a Sud è documentata la genesi negli anni Venti del Settecento attraverso le stime peritali e gli atti notarili attestanti l’acquisizione dei terreni necessari alla sua realizzazione da parte del conte Giovanni Paolo Barni.
Anche Villa Dati a Cella costituisce un caso per molti aspetti interessante: nelle carte settecentesche un doppio filare d’alberi costeggia un’esile strada campestre orientata a Sud, quale ideale prolungamento nella campagna dell’asse longitudinale della villa sul quale si attesta il viale d’accesso. Superato il borgo di servizio, il viale inquadra il prospetto della residenza, attraversa idealmente la corte d’onore ed il salone passante, e ricompare nel giardino e nel brolo che si aprono sul retro. Nel corso dell’Ottocento le pareti laterali del salone furono affrescate con due grandi scene di paesaggio, attribuite a Giovanni Motta, raffiguranti battute di caccia e grandi alberi in primo piano, quasi a voler enfatizzare la continuità di un’ideale cortina verde dietro la quale potevano aprisi a sorpresa scenari di ampio respiro.
In altri casi è l’”arredo” della campagna a far idealmente proseguire il giardino oltre i propri confini includendo il coltivo, come il giardino della villa Ghisetti-Giavarina a Ricengo. Nell’archivio familiare rimane traccia del suo impianto iniziato nel 1776 e proseguito in varie fasi fino al 1793. La sistemazione includeva due prospettive laterali, ad Est e ad Ovest del giardino formale, ed un imponente cancello sormontato dalle statue di Venere e Giunone che si apriva su un esteso brolo (circa 100 pertiche cremasche) nel quale un roccolo ed una torre belvedere, percepibili sullo sfondo, aumentavano l’illusione della profondità, come se il giardino si stemperasse gradualmente nella campagna.




Edizioni Del Miglio, via Stradivari 5, Persico Dosimo -- -- 12-05-2004