"Il Vascello", pagine di cultura: Giardini Cremonesi | Testo di Marida Brignani e Luciano Roncai, foto di Luigi Briselli ed Ezio Quiresi |
12- Le esemplificazioni citate evidenziano un’altra osservazione fondamentale, preliminare forse all’analisi del rapporto giardino-territorio e giardino-paesaggio: la sostanziale disomogeneità del territorio cremonese, che non si limita alle differenze meramente morfologiche e facilmente leggibili del territorio, peraltro evidenti fra l’agro esteso sul livello fondamentale della pianura e le valli fluviali. Si tratta di una disomogeneità più articolata e profonda che condiziona i giardini quali realizzazioni complesse, costose e mai casuali. una differenza di storia, economia, cultura, tipologia e qualità degli insediamenti, forme di proprietà e relazioni con ambiti culturali limitrofi a fare del Cremonese, del Cremasco e del Casalasco tre aree differenti. Ma è anche la disomogeneità pedologica e idrogeologica unita alla diversa quantità e qualità delle acque. Ben diversi sono i forti terreni argillosi, che temono allo stesso modo ristagni d’acqua e siccità, dai suoli sabbiosi e sciolti, sempre drenati e freschi; come notevole è la differenza fra suoli più o meno acidi, più o meno calcarei, più o meno irrigui. Non solo. Anche all’interno di queste tre macro-aree si manifestano ulteriori diversità che costituiscono un valore paesaggistico irrinunciabile. Ogni corso d’acqua definisce ed influenza un proprio bacino con caratteristiche differenti per portata, qualità, regime delle acque, consistenza e biodiversità vegetale ed animale, forma e profondità delle rive, regimazione ed uso delle acque, tracce dei percorsi antichi che hanno modellato il territorio, popolazioni e culture che nei secoli sono state divise o unite dai loro corsi. Tutte queste peculiarià? entrano direttamente in rapporto con il numero, l’estensione, la tipologia e la qualità dei giardini e delle specie arboree che li connotano. Se, come accennato, nel Cremonese centrale il giardino si confronta con un paesaggio agrario oggi prevalentemente caratterizzato da colture estensive scarsamente diversificate, ed i giardini di cascina si percepiscono a distanza quali addensamenti verdi di alberi ad alto fusto che svettano al di sopra delle cime del mais o dei girasoli nel periodo estivo, ed ancora maggiore è la distanza dalla quale sono visibili nel periodo invernale per la indistinta massa scura dei fusti e delle ramaglie, nel Cremasco è una campagna molto arborata e verde a costituire il paesaggio più diffuso. Permangono un numero maggiore di prati, di siepi lungo le rogge e di aree di rilevante interesse naturalistico come i fontanili, la riserva naturale della Melotta o la valle del Serio morto. Mentre le valli dell’Oglio e dell’Adda, in territorio cremonese, profondamente modificate dall’uomo si dilatano e assumono un andamento più piano, generando ampie golene coltivate, la valle del Serio appare profonda ed incisa, ancora accidentata da coste, crinali e scarpate che ricordano l’antica disponibilità di energia idraulica per il funzionamento dei mulini e ritagliano spazi incolti colonizzati da vegetazione spontanea. Il livello dei campi e delle strade, imposto spesso dal livello delle acque, non è omogeneo ed il giardino appare un addensamento di qualita in un’area in cui le associazioni arboree sono spontaneamente numerose e varie per dislocazione, entità e specie. Osservando le dimensioni contenute di numerosi giardini di quest’area verrebbe da pensare che essi siano concepiti in modo complementare al paesaggio e non sentano l’esigenza di riprodurre effetti boscati già presenti nel territorio circostante, con strade tortuose fittamente alberate che creano ad ogni svolta prospettive nuove, percorrono tratti sommitali consentendo visioni dall’alto e poi si addentrano in verdi gallerie di mezza costa dove i rampicanti sempreverdi abbarbicati agli alberi d’alto fusto creano spesse e suggestive cortine. Ed alcuni insediamenti sembrano nascondere una doppia anima: un affaccio tipicamente “agrario” e razionalizzato verso la campagna coltivata, ed un “richiamo” antico verso la valle, dalla quale appaiono aggrappati alla sommit? del ciglione. Anche i minuscoli insediamenti urbani di Ripalta Nuova, Ripalta Guerina, Ripalta Arpina, Montodine sembrano attestarsi lungo i bordi delle scarpate non solo per antichi motivi di difesa, ma quasi per razionalizzare l’uso dei terreni più idonei all’agricoltura che si distendono alle loro spalle, sulla sommità del pianoro. |