"Il 25 aprile, sul primo mattino, io uscivo da dove mi ero rifugiato, a respirare nell 'atmosfera che vibrava di una attesa spasmodica. Incontro due amici, membri del Comitato di liberazione (identificati da Emilio Zanoni nel democristiano Ottorino Rizzi e nel socialista Gino Rossini, non a caso esponenti della parte moderata del CLN - ndr) i quali mi parlano del loro intento di interrogare Farinacci intorno ai suoi propositi, per cercare, se possibile, di evitare altro spargimento di sangue. Li incoraggio nella giusta iniziativa, avvertendo però che la prudenza consiglierebbe di assaggiare prima, in modo non ufficiale, il terreno. Convengono e mi assumo di arrivare a Farinacci col tramite di un suo congiunto, da tempo a lui notoriamente avverso, e che, per superior:i doveri famiiari, gli si era da poche ore riavvicinato. Questi accetta; adempie con scrupolo l'incarico e mi avvisa, qualche ora dopo, che Farinacci vuole parlare con me. Ne avverto gli amici e, passato il mezzodì, m'accompagno con la persona suddetta nella sua abitazione, dove l'altro attende.
Io non l'avevo piu visto dopo la notte del 21 aprile 1944. Egli è in piedi, nel vano di una finestrra piena di sole, con l'occhio vagante su una piazza deserta. Noi siamo soli; ed egli tace. Rompo io il silenzio: « Sono venuto da voi senza alcuna veste uffiiciale, ma certamente interprete di tutti i concittadini per trovare il modo di evitare nuove rovine e nuove vittime, nelle ore che si avvicinano." Ed egli: "Non ho difficoltà a trattare anche con chi è investito di responsabilità".
"Non è questione di questo - aggiungo - poiché si presuppone la resa senza condizioni; sono le forme di essa soltanto che possono variare".
Le parole mi erano sfuggite; ma ormai erano dette e avevano colpito nel segno; ché dal petto di lui esce un impeto di ira e di strazio: "Non siamo ancora alla fine. Ho quattromila camicie nere e mille soldati tedeschi, tutti pronti. In due ore posso spianare la città...".
Non so ribattere subito; gli guardo il viso congestionato e seguo l'agitazione del suo passo, quasi con senso di smarrimento e di pietà. "Voi non la farete, gli dico; forse non lo pensate neppure. Voi siete da oltre trent'anni in questa città e ne siete diventato il signore. Quale motivo può spingervi ad una vendetta? Riflettete!". Il racconto di Miglioli prosegue svelando parola per parola le condizioni poste da Farinacci per il passaggio di consegne.
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