Ciani si accorge peraltro che non si tratta di un architettura fascista: ed allora corregge il tiro parlando piuttosto di fantastica e dannunziana “casetta di Cremona, gravata da simbolismi oscuri, da pittoresche decorazioni e da bizzarri esotismi” (in particolare i richiami egiziani e l’ingresso, definito un “pronao le cui colonne gravano su una specie di sfinge e su un groviglio di irrequieti esseri umani”). Ciani insiste nel definirla “un’emanazione conclamata del gusto dannunziano. E scrive ancora:” Comunque sia, non ci sembra che vi sia in Italia monumento più tipico ed evocatore del gusto del ventennio: di quel gusto, per intenderci, non ancora funzionale e razionale, nudo fino all’eccesso, ma ancora ispirato all’eclettico e al liberty. Ma l’abbiamo già definita dannunziana » e abbiamo detto tutto o quasi tutto: solo le immagini, con il ragno tenebroso della porta (in realtà a mezza facciata... ndr), i viluppi simbolici - e di ben oscuri simbolismi - che si aggrovigliano ai pilastri della recinzione, le strane raffigurazioni aggrappate ai muri e che sembrano nascerne quasi spontaneamente come mostruose figliazioni e, last but not least , la pagodina assurdamente orientale che spicca sull’attico, potranno dare al lettore un’idea adeguata di questo monumento, ideato e concepito dallo stesso proprietario - il nonno dell’attuale (non è così, come abbiamo già precisato) - ed eseguito da non affatto ignobili artefici...”.
Più precisamente, - secondo noi - in uno studio sull’architettura fascista, si esprime brevemente Michele de Crecchio, il quale - ricordando che si tratta dell’ “opera unica di un artista singolarmente irrequieto” - afferma che la “Villa del Ragno” risente di numerosi e fecondi richiami al gusto viennese ed all’espressionismo.
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